Questa è una lettera indirizzata ai molti studenti che negli anni mi hanno chiesto: “perché hai scelto questo lavoro?”
La sola, unica, risposta che ho sempre dato è “mi piace aiutare chi mi chiede aiuto e amo stare a contatto con gli stranieri, incontrare persone di differenti culture e differenti generazioni.”
In questi anni ho incontrato persone meravigliose con le quali ho dialogato e “viaggiato” per il mondo: il mondo mi si presentava direttamente in classe, donandomi l’opportunità di penetrare, attraverso voi studenti, varie culture, differenti classi sociali e infinite sensibilità. Viaggiando con voi ho vissuto in un mondo “dorato” in cui rispetto e stima mi hanno fatto credere nell’esistenza di qualcosa che qui non esiste più. Distratta dalla lingua e dalla cultura, dall’imperativo categorico di non urtare le sensibilità altrui, ho sempre utilizzato una lingua “politicamente corretta”, purtroppo, però, non ho voluto vedere e forse ho troppo negato che l’Italia e gli italiani stavano cambiando, e la lingua insieme a loro.
Ho cercato di dare la responsabilità di questo sfacelo alla politica degli ultimi vent’anni che ha plasmato generazioni di ragazzi preoccupati solo di sé, di afferrare simboli vani, pronti a negare o aggredire l’esistenza di chi non era/è uguale a loro. Purtroppo, dare la colpa a qualcuno non può negare che questo sia accaduto e soprattutto non offre soluzioni.
L’Italia di oggi è molto differente da quella di quindici anni fa (quando io ho cominciato ad insegnare ai non italiani): la lingua, com’è giusto che sia, si è modificata; le persone nate in Italia hanno ridotto il loro vocabolario personale e l’abilità di usare connettivi (quindi hanno un periodare semplice che non prevede la profondità e la volontà di discutere, confrontarsi e raggiungere verità); la lingua attuale è espressione di superficialità e disinteresse per gli altri.
Tutto questo per me è difficile da sopportare. Il mio “mondo dorato” naturalmente esiste ancora, ma questo è rappresentato dalle persone che hanno imparato una lingua precisa ed attenta nel rispetto continuo dell’altro: quelle che sanno ascoltare il senso delle parole e non solamente il suono. Questo modo di vedere il vivere quotidiano come espressione di rispetto e stima umana è sempre stato il mio filo conduttore, nell’insegnamento e nella vita. Ora, però, forse è giunto il momento di provare a educare le nuove generazioni di italiani, quelle che potranno fermare i loro fratelli maggiori, ma solo a condizione che si riapproprino, attraverso la lingua, di un vero senso etico di rispetto per la persona e che non si nascondano dietro schemi mentali proposti da una indistinta massa che mostra loro specchietti per le allodole.
E’ vero, le culture cambiano, le generazioni sono sempre differenti l’una dall’altra, ma quando una civiltà giunge a non vedere più le differenze tra legale e illegale, rispetto e disprezzo, noncuranza e insolenza, forse è il momento, nel proprio piccolo, di fare qualcosa. Per questo, forse, uscirò dal mio “mondo dorato” e cercherò di restituire un po’ di dignità a questa lingua che sta atrofizzandosi insieme alla nostra civiltà. Questo è l’unico modo che vedo per aiutare i più “piccoli” a creare una nuova lingua, distanziandosi da quella di genitori e fratellastri maggiori.
Buon proseguimento a tutti, con l’augurio di una lingua nuovamente vissuta!